Chi ha avuto la bontà di seguirci fino ad ora avrà forse realizzato che lo scrivente per sua naturale predisposizione, potrebbe non rammentare il nome o cognome di una persona, ma non dimentica la sua auto. Investiamo, anche per una modestissima analisi automobilistica-sociologica, un momento per parlare dei professori delle medie e delle loro automobili.
Il Preside, prof. Romano, aveva una Fiat 124 Special 1^ serie verde bottiglia, identica a quella che inizialmente avrebbe voluto nostro padre. Poi vi era il prof. Ghisi, insegnante di educazione fisica. Uomo di bella presenza che ricordava un po' l'attore Tony Curtis, si impuntò con me per farmi fare il salto della cavallina a gambe chiuse. Impiegai alcune lezioni per riuscire a farlo, e lo feci una sola volta e mai più. Indossava sempre una giacca sportiva scozzese ed aveva una Fiat 125 1^ serie color marrone testa di moro targata MN. Tra le caratteristiche del 125, una di quelle antenne lunghe e morbide che si fissavano, ripiegandola ad un gancio sulla grondaia del tetto. Il prof. Rubagotti soprannominato “mento a cu..”, per via del particolare mento che riproduceva quella parte anatomica, era l' insegnante di Educazione Artistica. Allora si lavorava molto con le tempere ed il professore, che aveva tra l'altro la erre moscia, aveva in particolare due richieste che si ripetevano spesso : “ Più colove !” e :” Le sfumatuve !“. La sua auto era una delle prime Rekord serie D 1700 benzina del 1972 2 porte standard di colore grigio chiaro con l' interno rosso.
Altro insegnante importante il prof. Fabio Samuelli, di Applicazioni Tecniche, detto “pinguino”. All'epoca indossava spesso una giacca marrone, con sotto un maglione giallo. Ma il soprannome prendeva origine dagli anni 60, quando i miei zii, lo zio Franco e lo zio Claudio erano passati sotto il suo insegnamento. All'epoca il professore Samuelli indossava, quando faceva lezione, un camice nero. Questo, aperto, con sotto la camicia bianca, i capelli grigi tirati all' indietro con un po' di effetto “nido” sulla nuca, la postura naturale, un po' impettita, aveva creato il soprannome.
Era il nostro terrore. Insegnante molto esigente, dovetti faticare all'inizio per prendergli le misure e sintonizzarmi sulle sue esigenze. Aveva una 850 berlina del 1966 blue pavone ben tenuta. Gli altre insegnati, non avevano l'auto, ma le ricordiamo con simpatia con un accenno. La professoressa Annamaria Rizzi era l' insegnante di Italiano, Storia, Geografia. Single, molto timida, era una militante di sinistra. Non faceva politica in classe, ben inteso, però, capitava alle volte che ci desse dei libretti da riassumere che erano di difficoltosa comprensione e quindi riduzione. Facendo una battuta ecco un possibile riassunto : “ L' oggettivismo oggetivato dell'oggetto che diventando soggetto si soggetta ad un soggetivismo che soggiace a delle influenze soggetivate.... “ La professoressa Cacciatore era l'insegnante di Inglese. Donna non più giovanissima, bionda capelli lunghi, era dotata di notevole davanzale, tanto che si diceva che quando arrivava in classe, prima entravano i libri che teneva davanti con le braccia conserte, poi il davanzale, poi lei.
Brava insegnante, ci insegnò il “rito” nella preparazione originale del tè all'inglese, da farsi nelle apposite brocche in porcellana. Anche la professoressa Cacciatore aveva un po' la erre moscia ed una sua classica esclamazione era : “ Ma vagazzi, cosa vi succede oggi ! “. Poi vi era la professoressa Magri di Matematica. Insegnante molto estrosa, capace di tenere la classe, molto dinamica. Ogni tanto partiva per la tangente per raccontarci fatti personali di casa e questo piaceva a noi ragazzi, perchè la rendeva più umana. Tra questi racconti, l'acquisto di un grosso cane, un alano che portava a spasso la professoressa, più che farsi portare a spasso. Infine, la professoressa Galla di Educazione Musicale. Una insegnante molto fine e che purtroppo rimase solo per il primo anno, ma a testimonianza delle sue capacità, fu anche l' unica nei tre anni che riuscì a fine anno ad imbastire un saggio di musica di qualità, valorizzando i vari elementi e talenti che trovò all'interno della scuola.
Proprio in quell'anno entrarono in vigore i decreti delegati per la partecipazione dei genitori nella scuola e mia mamma venne eletta nel consiglio di classe. Nacque così il periodo delle “torte dei consigli di classe”. Il termine al plurale, non prende spunto solo dal fatto che ci furono più consigli, ma dal fatto che per incidenti di preparazione capitava che le torte da preparare diventassero due. La questione era molto semplice. Mia mamma che aveva ereditato da mia nonna, le competenze e capacità per fare delle ottime torte, le preparava ormai a memoria e senza dosatori . Purtroppo o per fortuna, ogni tanto la dose di zucchero andava in eccesso, con il risultato che la torta in fase di estrazione dalla tortiera si rompeva. Questo comportava il fatto che la torta non era presentabile e quindi veniva rifatta. In compenso noi festeggiavamo con questa torta più “caramellata” che era indubbiamente buona anche se rovinata esteticamente.
E torniamo alla storia delle automobili. Come abbiamo detto, nel 1972 alla luce delle anticipazioni sull'introduzione dell' I.V.A. che avrebbe gravato sul costo delle automobili, molti anticiparono gli acquisti. Sta di fatto che a dicembre 1972 ci fu un vero e proprio boom di immatricolazioni inconsueto per un fine anno, dove normalmente gli acquirenti puntano ad immatricolare con l'anno nuovo per guadagnare un anno, il giorno che decideranno di cambiare auto. Tra questi lo zio Bruno, zio di mia mamma. Lo zio Bruno aveva sposato la zia Rosy che era la sorella della mia nonna Adele. Infatti come viso si somigliavano, cambiava poi la pettinatura ed il tipo di capelli e la voce più stridula.. Abitavano in centro in via della Pace all'interno del Palazzo della allora contessa Fenaroli. Lo zio Bruno, infatti, era l'autista della Contessa. Nei giovedì pomeriggio, quando andavamo in centro, passavamo a trovarli. Nel grande cortile del palazzo, avremmo voluto volentieri correre e giocare, ma ci si diceva che non si doveva disturbare la Contessa. Io naturalmente andavo nel garage dove lo zio accudiva all'auto della Contessa, una Fiat 1500 C blue pavone con l' interno in sky rosso.Davanti solitamente vi era la 500 F del 1965 bianca con l' interno in sky bluette e bianco dello zio Bruno. Quel primo giovedì dell'anno, ove noi eravamo ancora in vacanza scolastica ed andammo a trovarlo, trovai la sorpresa. La 500 sembrava uguale, ma era diversa. In effetti la F era diventata una R sempre bianca ma con l'interno in sky nero. Profumava ancora di nuovo. Chiesi subito allo zio perchè aveva cambiato la 500, perchè con un'altra 500 e non con la 126. La risposta fu completa ed esaustiva. “La 500 aveva ormai 150.000 Km, in quanto nei primi anni l'aveva usata con maggiore assiduità, l'auto si presentava ancora molto bene, ma si sarebbe dovuto intervenire per ripristinare varie cose, dal motore alle gomme, dai freni alle sospensioni. In Fiat gli avevano fatto una buona offerta ed aveva pensato quindi di cambiarla. Aveva avuto l'idea di prendere la 126, ma la zia Rosy gli aveva fatto notare che avrebbe dato nell'occhio, in particolare alla Contessa... Meglio non farsi notare. Quindi ancora 500 ed ancora bianca, sempre per lo stesso motivo.” La cosa mi fece molta tenerezza. Certo avevano risparmiato 135.000 lire, ma ero io, quasi contrariato perchè non avesse potuto esaudire un piccolo sogno, che non era un desiderio da ricchi, non avrebbe rubato niente a nessuno, tanto meno alla Contessa, a prendere la 126, ma questo senso di timore verso i “potenti”, tipico di certi ambienti come le corti, mi rimase impresso oltre a darmi sempre un certo fastidio.
Per dare un dato di vendita, nel 1973 si venderanno 100.000 126 contro 20.000 500 R. Un dato che spiega perchè, ed aggiungo purtroppo, si arriverà nel 1975 a decidere per l'uscita di produzione della 500...
“Con la scusa dell' Iva”. Questo era il titolo dell'editoriale di Paolo Panerai pubblicato dall'Arnoldo Editore nel supplemento a Panorama n° 361 del 22 marzo 1973.
Panerai diceva: “ Non era una regola, ma fino al 1969 il prezzo di un'automobile di qualsiasi marca e tipo corrispondeva alla cilindrata del motore moltiplicata per mille: 500 mila lire per una 500, 2 milioni per una 2000. Oggi (1973 ndr) questo rapporto, che dava anche alle persone meno esperte la sensazione immediata del valore dell'automobile, è completamente saltato: per una 500 ci vogliono 700 mila lire, per una 2000 oltre 3 milioni. In meno di quattro anni, mediamente, il prezzo delle automobili è salito di oltre il 30% e la corsa all' insù, in tutto il mondo, non accenna ad arrestarsi. In Italia l' ultimo balzo verso l'alto è stato fatto all'inizio del nuovo anno (1973 ndr) con l'introduzione dell'Iva (Imposta sul valore aggiunto), che si applica alle automobili con un'aliquota del 12% sulle cilindrate inferiori a 1800 centimetri cubi e del 18% su quelle di cilindrata superiore.
Dato che l'Iva è stata introdotta per sostituire e assorbire completamente l'Ige (l'imposta generale sull'entrata che veniva applicata anche alle automobili) molti esperti, fra cui Franco Reviglio, ordinario di scienza delle finanze all'università di Torino, a conti fatti, avevano previsto che i prezzi non avrebbero dovuto aumentare più del 2-3 %. Di fatto, i nuovi listini messi in vigore dalle case automobilistiche a partire dal 1° gennaio contengono aumenti molto più sensibili. Molte case, cioè, hanno preso al volo l'occasione dell'Iva, che era già da tempo sinonimo di rincari, per fare salire i prezzi più di quanto l'applicazione della nuova imposta richiedesse.”
In effetti tranne la Volvo 144 che non applicò variazioni al listino se non l'Iva, si arrivò al top della Ferrari 365 GTC 4 che rincarò del 30%. La rivista Quattroruote pubblicò una statistica dell'aumento dei costi delle automobili dal 1969 (l'anno definito dell'autunno caldo), al 1973 anno della crisi petrolifera e dell'inserimento dell'Iva. La risultante su questi quattro anni fu che la vettura che era aumentata di meno fu la Simca 1000 Ls con il 20%. Al top la Citroen D Super con il 42,68 %.
Carluccio Bianchi dell'Università di Pavia descrive con poche frasi la stuazione 1969-1973: “Gli anni tra il 1969 ed il 1973 furono densi di avvenimenti sia sul piano interno sia su quello internazionale. A quest'ultimo livello si preparava la tempesta valutaria che culminò nel 1973, anno in cui venne definitivamente abbandonato il sistema di pagamenti instaurato nel 1944 a Bretton Woods: nel 1971 veniva sospesa la convertibilità del dollaro in oro; la moneta americana era svalutata e veniva inoltre fissato un nuovo insieme di parità di cambio; nel 1972 si registrava un'ondata di aumenti dei prezzi internazionali delle materie prime; nel 1973 il sistema di cambi fissi veniva di fatto abbandonato; nell'autunno dello stesso anno, infine, l'improvvisa quadruplicazione del prezzo del petrolio greggio creava gravi difficoltà nella bilancia dei pagamenti dei paesi industrializzati. Il 1973 rappresentò così un punto di svolta, da cui prese le mosse un profondo cambiamento delle regole che avevano caratterizzato i primi vent'anni del dopoguerra.”
Per dare il quadro della crisi nella quale ci saremmo trovati, aggiungo ancora queste informazioni: La spesa pubblica fu rigorosamente contenuta; con l'entrata in vigore della riforma tributaria, il nuovo regime delle trattenute comportò una riduzione sensibile del reddito disponibile dei consumatori. Al tempo stesso, le autorità monetarie effettuarono una stretta creditizia che, introdotta gradualmente, divenne nei mesi successivi sempre più rigorosa. Di fronte all'inflazione galoppante, i sindacati reagirono chiedendo ed ottenendo una revisione del meccanismo della scala mobile, con l' introduzione del cosiddetto punto unico di contingenza. L'insieme di queste misure produsse una caduta considerevole della domanda globale....
Come avevo anticipato nei capitoli precedenti con il 1973 si chiuse un'epoca e se ne aprii una nuova, nella quale da spettatori, quali eravamo, saremmo diventati artefici del nostro futuro...
Se son rose fioriranno : Apriamo ora una parentesi romantica che non vuole avere nessuno scopo di vanagloria o sentimentale, ma è profetico di un evento che ci sarà più avanti...
Come ricorderete avevo scelto di rimanere nella sezione C anche perchè vi era l'altra metà del cielo. Alcune di queste ragazze le conoscevo dalle elementari, avendo frequentato la stessa classe, altre le avevo intraviste. In particolare ve ne era una che, alle elementari era in un altra classe, che era molto carina. Minutina, capelli biondi lunghi, occhi azzurri. Ma come si dice in “The Mask”, la classica che cerca il P.P.R (piatto più ricco). Pertanto dopo un esame della situazione, non ci tentai nemmeno.
Mi piaceva invece una ragazza (a cui poi non l'ho mai detto) che era in classe con me dalla 3^ elementare. Per esigenze di privacy la chiameremo solo S. S. era arrivata in 3^ elementare, proveniente dalla Valtrompia, la valle delle miniere di ferro. Il padre era venuto a mancare lasciando moglie e tre figli. Il comune aveva trovato per loro un appartamento in una delle case comunali antistanti la scuola elementare e la madre aveva trovato lavoro come insegnante d’inglese in una scuola privata. S. soffriva all’epoca di potenti crampi allo stomaco. Con il passare del tempo stava meglio ed in prima media anche la sua “femminilità” stava crescendo.
Un pomeriggio, mentre con l’amico Massimo rientravamo dopo una delle consuete visite alle vetrine della Rocchi & Uberti, incontriamo S. con la sua amica, nonché nostra compagna A. Scambio di saluti, un paio di battute e S. dice: “Venite a prendere un Tè ?” . :”Perché no ?!” Rispondemmo. Nacque così la tradizione, non programmata, ma ripetuta del tè delle 5 da S. Era un occasione per fare due parole in serenità davanti ad una tazza di tè e collaudando ogni volta dei biscotti nuovi. Si, perché il test consisteva nel fatto che i biscotti inzuppati nel tè non dovevano sciogliersi prima di essere arrivati dove dovevano arrivare, ossia in bocca.
In uno di questi incontri conobbi anche sua sorella che rinominai “Montgomery” dal capo di abbigliamento scozzese tendente al giallo che indossava all’epoca, ed anche il loro fratellino più giovane.
Una sera scendiamo dopo aver preso il tè, ed in quel mentre arriva Montgomery che chiama sua sorella, che stava parlando con noi, dentro il portone, gli dice qualche cosa, scambio di informazioni ed S. esce dicendomi: “ Mia sorella chiede se vuoi salire a prendere un altro tè..” Rimasi un po’ sorpreso, ma preso dalla cortesia e garbatamente risposi : “ Grazie, la prossima volta ! “
Dopo qualche giorno, tramite S. mi arrivò da Montgomery una profumata lettera in cui mi chiedeva se volevo diventare il suo ragazzo !!!.... Realizzai che avevo investito speranze nella persona sbagliata e che però per effetto riflesso avevo colpito un altro interessante bersaglio.
Infatti Mongomery, bionda capelli a caschetto non mi dispiaceva affatto, solo che non ci avevo pensato prima.
La mia riflessione veloce e decisa fu per il si. L’ unica cosa che mi creò subito imbarazzo, fu che la cosa fosse di “dominio pubblico”. Mi sembrava che tutto il mondo fosse lì a giudicarmi. Anche le anziane signore, che passavano il pomeriggio alle finestre delle case comunali, mi sembrava che fossero tutte lì a giudicarmi perché avevo la ragazza !?..
In quel periodo il professor Samuelli ci commissionò una ricerca sulla carta: tipi di carta, produzione, utilizzi.
La mia idea fu quella di andare direttamente alla fonte: negozianti, cartolibrerie, ingrossi. Mi mossi così con il mio compagno Lorenzo e la ricerca diede buoni risultati, anzi i negozianti ci guardarono benevolmente e ci diedero tutte le informazioni necessarie ed utili, oltre a vari campioni dei tipi di carta. Questo metodo diretto di ricerca, divenne argomento di dialogo in uno dei tè delle 5 e notai che le “fanciulle” rimasero attirate da questo evento.. Forse l’enfasi nel raccontare questa esperienza produsse l’effetto che anche Mongomery voleva partecipare alla ricerca.
Così, il primo appuntamento, anziché un romantico te^te a te^te, sarebbe stata una uscita a tre per la seconda puntata della ricerca sulla carta. Naturalmente ci saremmo mossi in bicicletta. Tirata a lustro la Cross Gialla, mi presentai alle 15.00 a casa di Mongomery. Era carinissima, con un bel cappottino rosso. Si era tutta profumata con lo stesso profumo della famosa lettera. Non ho mai saputo che profumo fosse, so solo che dopo tanti anni se lo risentissi lo riconoscerei subito.
Uscimmo per andare a prendere Lorenzo, che sarebbe venuto con la sua bicicletta. Purtroppo sua madre ci disse che Lorenzo non poteva uscire perché era in punizione (non so cosa avesse combinato). Questo contrattempo, bloccò in quel momento il mio raziocinio normale. Esclusi l’idea di proseguire quel pomeriggio nella ricerca, visto la mancanza di Lorenzo, e non so per quale ragione, proposi di andare a trovare l’amico Angiolino, compagno di banco delle elementari, che abitava nelle case dei ferrovieri vicino alla stazione. Mongomery mi diede carta bianca . Ma anche Angiolino non era a casa. Mentre tornavamo indietro pensando al da farsi, entrai in una delle pozzanghere delle stradine interne alla zona della Ferrovia… Apriti cielo! Non capii più nulla. L’ idea che la Cross si era riempita di fango, mi fece perdere la percezione delle priorità di quella situazione.
Riportai subito a casa Mongomery e le chiesi di procurarmi subito uno straccio per togliere il fango più evidente dalla bici. Mongomery non battè ciglio, salì in casa e dalla finestra mi calò lo straccio ed un biglietto, nel quale mi diceva, che era rimasta delusa del primo appuntamento.
In quel momento mi sembrava nuovamente che tutte le anziane signore delle case popolari, stessero giudicandomi. Fuggì a casa a “medicare” la Cross, stupito che Mongomery non avesse compreso il “dramma” che stavo vivendo, mentre ero io a non rendermi conto dell’occasione perduta...
La morale della storia è la seguente: Baglioni nella canzone del secolo disse: “Ora che saprei cosa dire, ora che saprei cosa fare”… In realtà ogni cosa ha i suoi tempi ed i suoi modi e nulla succede per caso. Vista con il senno di poi il messaggio profetico era il seguente: “La tua metà sarà colei che condividerà con te anche la tua passione per i mezzi di trasporto e la loro conservazione” . Ne riparleremo nel 1980.
Ripresero anche nel 1973 le gite di alcuni giorni fuori di casa. La prima fu approfittando della festività (oggi soppressa) del 19 marzo “San Giuseppe” patrono dei lavoratori. Era di lunedì e i miei decisero di partire domenica 18 marzo meta Ravenna. Il periodo delle gite insieme ai nostri zii si era concluso, ma ciò non tolse la voglia di tutti noi di viaggiare e visitare posti più o meno conosciuti.
Dell'esperienza di Ravenna rammento che vicino al Mausoleo di Theodorico vi erano le strutture coreografiche utilizzate per alcune scene del film “L'armata Brancaleone” con Vittorio Gasman che ci dissero erano state realizzate lì.
Te l'avevo detto! Ognuno di noi nella nostra vita credo, si sia sentito dire almeno una volta questa affermazione da parte della propria mamma. Era abitudine familiare che i primi gelati si prendessero dopo Pasqua (a seconda che fosse bassa o alta), ma comunque dopo il 21 marzo (che designava l'inizio della primavera), data che è sempre stata elastica, meteorologicamente parlando, ma allora ancora definendo quella che era definita come “mezza stagione” . L' invito a consumare gelato tutto l'anno, il proliferare delle gelaterie, è situazione della fine anni 70. Quella domenica del 18 marzo 1973, il tempo era discreto, leggermente nuvoloso con alternanza di schiarite, abbastanza ventilato, temperatura nella norma del periodo. Dopo il pranzo in un locale tipico dove non ci eravamo fatti sfuggire le lasagne, usciti nella piazza principale ove il sole ci aveva accolto, mi venne l' insana idea di prendere il gelato. I miei non erano favorevoli e mi sconsigliarono nell'intento, ma vista l'insistenza mi presi il mio cono di gelato... Dopo un' ora, mentre il tempo si era ingrigito con quella luce chiara che invita agli occhiali da sole, ma minaccia anche pioggia, mi scoppiò un mal di stomaco da manuale. Mentre i miei genitori con Raffaele, visitavano alcuni palazzi, passai il pomeriggio in macchina, tra sensazioni di caldo e fastidio a sentire l'aria fuori fresca, con dei crampi veramente fastidiosi. E' lì che scattò la fatidica frase :”Te l'avevo detto!” beninteso detta con dispiacere... La soluzione proposta fu il classico Fernet Branca caldo con limone. Il classico cocktail che, o lo mandà giù o ti tira su “tutto”, cosa che appena arrivati in camera in Hotel feci, sentendomi poi molto più leggero. Il giorno dopo rammento che passammo davanti ad una Concessionaria Opel dove in bella mostra era esposta la Kadett Holiday di colore Sahara Gold.
La Holiday era l' ultima proposta su base della Kadett B realizzata per festeggiare i primi dieci anni (1962-1972) dello stabilimento di Bochum costruito per la produzione della prima Kadett del dopoguerra, la Kadett A. La Holiday era una Kadett B standard disponibile con motore 1100 e 1200 (solo con cambio automatico) e dal 1973 per contenere i costi assicurativi e della tassa di circolazione, anche con il motore 1000. Solo di tinte metallizzate (Sahara Gold, Bronzo, Verde smeraldo, blue Monza), era arricchita di alcuni equipaggiamenti interessanti per l'epoca, quali : Leva del cambio tipo sport, Alternatore da 35 Ah, Lunotto termico, Cerchi e pneumatici radiali sportivi, Poggiatesta incorporati, Accendisigari, Sedili anteriori con schienali reclinabili, paraurti con Rostri in gomma, Volante sportivo, Servofreno, Tutta la vettura era inoltre rifinita con una filettatura simile a quelle che avevano le Ascona SR . I rostri gommati erono interamente in gomma nera, modifica che poi venne adottata da tutte le Kadett B lusso. Il risparmio era di 90.000 lire rispetto agli accessori compresi.
Questa serie limitata fu proposta in due ondate. Una nell' autunno 1972 ed una nella primavera 1973 per sostenere le vendite in attesa dell'arrivo della nuova Kadett C che sarebbe uscita in settembre.
La seconda gita si ebbe con il ponte di Pasqua. Un ponte lungo in quanto Pasqua cadde il 22 di Aprile, quindi le vacanze si allungarono fino al 25 aprile. Meta di questa uscita Rimini, dove prendemmo alloggio all'Hotel Corallo che aveva appena aperto la stagione. La struttura del Corallo permetteva di avere delle camere a 4 letti divise da una tendina. Nella parte centrale vi era il letto matrimoniale e nella parte dopo la tenda che permetteva il passaggio della luce, i nostri due letti. Favorevole poi la dislocazione dei balconi, che sebbene laterali erano inclinati permettendo di vedere da un lato il mare e dall'altro il viale Regina Margherita. Proprio in angolazione retta con il nostro balcone vi era un piccolo negozio di orologi. Fu così che per il suo decimo compleanno, mio fratello si comprò' il suo primo orologio. Fu un evento importante anche perchè andò a sceglierlo e comprarlo da solo, mentre noi attendavamo dal balcone la sua uscita dal negozio con l'agognato acquisto.
Sul viale Regina Margherita vi era una gelateria che era uno spettacolo per la svariata proposta di gusti. Un pomeriggio decidemmo di collaudare questi gelati. Ci venne richiesto se volevamo una coppa piccola, media o grande. Naturalmente risposi ; “Grande”. Ci arrivò una COPPA che non rammento di avere mai più preso, era semplicemente gigantesca, con amarene, panna, biscottini. Rammento che impiegammo un tempo “interminabile”, per mio papà, ma del resto tanto ben di Dio non poteva andare sprecato e doveva essere gustato. Questa volta non ebbi problemi di ritorno, solo mangiammo un po' di meno a cena. Da quell'anno la Norev, casa di modellini Francesi, nota per le sue riproduzioni in plastica, si diede ai modellini in metallo. Nei negozi di giocattoli si trovavano parecchie proposte. Non potei non prendere almeno un paio di modelli. La Renault R5 TL argento con il tettino in tela ed a San Marino, la Citroen DS Pallas di colore rosso metallizzato con tutte le quattro portiere e relativi cofani apribili.
La prima gita scolastica invece ebbe come destinazione Gavardo, dove visitammo un museo etnografico con reperti del mondo primitivo della zona,e meta finale il parco Zoo Safari di Pastrengo in provincia di Verona. Il giorno prima della partenza comprai il mio primo maglioncino girocollo. Era di colore blue scuro, tessuto sintetico e lo pagai 1990 lire. Non sapevo cosa fosse un tessuto sintetico. Lo imparai in quanto aveva un odore non tanto buono, ma dall'altra parte aveva una robustezza incredibile, tanto che l' usai per tanto tempo e a volere, in un qualche mobile è ancora presente e pronto per l' uso.
Forse qualcuno si chiederà e la Kadett Oro come andava? La Kadett Oro si stava comportando molto bene come meccanica. Stava accumulando chilometri senza problemi particolari. Eravamo arrivati a 60.000 Km e dovemmo provvedere a cambiare le gomme, dopo che un vigile aveva fermato mio padre e voleva dargli la multa, appunto per usura pneumatici. Mio padre gli gettò la battuta: “Se mi dà la multa non posso cambiare i pneumatici!?...” Passammo così dai 6.00 12 a tele incrociate a dei 155 Sr 12 della Pirelli modello CN 53, che davano alla vettura una presenza da assetto sportivo. Purtroppo invece dal punto di vista estetico la Kadett oro non fu molto fortunata, ebbe sempre qualche “regalino” che ne rovinarono l'estetica. E se mentre all'inizio le condizioni economiche, anche grazie a dei contributi della azienda farmaceutica per cui lavorava mio padre, permisero la pronta riparazione, dal 1973 la diminuzione del potere di acquistò comportò che con dispiacere alcuni difetti estetici rimarranno fino alla fine sulla vettura. Da qui ecco il perchè di scarse fotografie della vettura e soltanto qualche supporto video da super 8.
Nell'ultimo mese di scuola, il professor Samuelli ci divise in gruppi e ci disse di progettare e creare un oggetto. Io ci pensai e proposi di costruire una valigetta porta matite colorate, in legno. Il lavoro venne realizzato ed alla fine si doveva decidere chi avrebbe tenuto questo oggetto. Io decisi che lo tenesse un nuovo amico che mi ero fatto in questa prima media : Renato Leali. Renato era il fratello della cantante, allora in auge Vanna Leali. Era un ragazzo gentile ed educato, e mi dispiacque quando seppi che non ci sarebbe più stato in seconda media perchè avevano costruito una villetta a Calvagese della Riviera, ove si sarebbero trasferiti.
Finita la prima media, si apriva una interessante estate, ove, allora avevamo più di tre mesi, compiti delle vacanze a parte, da gestire con le libertà dell'età raggiunta.
Con la facilità di cui sono dotati gli esseri umani da giovani, strinsi amicizia con il figlio della sarta di mia madre, Paolo. Paolo aveva un paio d'anni più di me, ma io non ho mai avuto problemi a rapportarmi con età diverse. Paolo aveva un bici da turismo Jaques Anquetil a tre rapporti di colore blue che teneva nel garage di suo padre che aveva una Fiat 128 1^ serie verde bottiglia. Dietro i garage vi era un distributore di carburante della Total (ora abbandonato). Come capitava spesso allora, nelle stazioni di servizio, si trovavano parcheggiate quelle che definivo auto abbandonate. Le auto “abbandonate” si riconoscevano non tanto perchè non avessero le targhe, che erano al loro posto, quanto per lo strato di sporco sedimentato sulla vettura, per le colature di ruggine, per le ragnatele nei passaruota e per la differenza di colore del terreno sotto la vettura che definiva la dimensione lunghezza per larghezza della stessa a testimonianza di un fermo vettura di lungo periodo.
Quella prima ed ultima volta alla Total notai tre vetture che destarono subito il mio interesse. Si trattava di un Mercedes 180 Bauletto grigio chiaro del 1960, una Fiat 1100 103 E nero del 1956 ed un Fiat 103 D del 1958 sempre di colore nero. Come capitava allora le vetture erano aperte e non ci facemmo perdere l'occasione per giocare con queste vetture, approfittando della chiusura per turno del distributore.
Scoprimmo così che le batterie erano collegate e pensammo bene noi, tra luci ed altro, tipo la autoradio Becker del Mercedes, a scaricarle.
Cominciò così anche l'era delle visite alle Concessionarie. La più vicina a casa dopo la Rocchi & Uberti era la R.A.U di Grandi e Facchetti, in via Dalmazia dopo il sottopasso della ferrovia. La sigla R.A.U doveva significare Rivendita Automobili Usate. La R.A.U era poi diventata nella seconda metà degli anni 50 concessionaria Autobianchi con le storiche Bianchina. All'inizio di questi anni 70 era una concessionaria con doppio mandato Citroen Autobianchi. Ecco che trent'anni prima della riforma Monti che farà fallire molti concessionari che non potranno o non vorranno sottostare alla pressione dei costruttori che imporranno standard assurdi per poter tenere sotto lo stesso tetto più mandati (ed accorgendosi poi, solo dieci anni dopo che il problema era risolvibile con giudizio) senza nessun tipo di problema nello stesso salone convivevano le Citroen Ds insieme alle A 112 senza nessun tipo di scandalo. Sul lato sud della Concessionaria, ove oggi vi è una strada, (allora questa strada era chiusa e dava sui campi) vi erano parcheggiate varie vetture usate ritirate in permuta. Anche qui le vetture erano aperte e le visitammo con la consueta curiosità. Tra queste rammentiamo : una Lancia Appia terza serie blue metallizzato con l' interno molto bello in lanetta grigia con quel tipico odore della naftalina che i più accorti proprietari Lancia mettevano in auto per evitare che l' interno fosse aggredito dalle tarme, una Fiat 1100 export bianca, ma quella che più mi rimase impressa fu una Fiat 600 Multipla con motore 750 di colore verde brillante in ottime condizioni.
Nel quartiere Chiesa Nuova, dove abita lo zio Attilio, vi era un'altra Concessionaria Autobianchi – Citroen, si chiamava Autogamma e si trovava in via Orzinuovi, ove oggi vi è una Concessionaria Peugeot. All' Autogamma ci piaceva visitare il reparto dell' usato che restava in un capannone, separato dalla struttura della Concessionaria e al quale si accedeva tramite uno scivolo laterale. Qui noi parcheggiavamo le nostre biciclette che assicuravamo con una catena ed entravamo, senza disturbare a visionare le auto. Come naturalmente potete immaginare vi erano parecchie Citroen DS, Dyane, anche una Mehari arancio, qualche GS, delle versioni furgoncino su telaio Dyane e 2 Cv.. Ma quella che andremo a rivedere più volte era una magnifica, quanto rara Facel Vega Facellia coupè. Vettura degli anni sessanta era di colore oro metallizzato con gli interni in pelle colore cuoio. Vettura molto fascinosa, rimase invenduta per molto tempo.
Ma una delle visite più entusiasmanti di quella estate fu quella che feci con mio fratello alla Fiat Succursale di Canton Mombello. Il nostro interesse partiva sempre con il reparto usato. Tra le vetture proposte, vi era una Ascona A 1600 4 porte lusso di colore bronzo con l' interno in sky beige. Doveva essere una delle prime del 1971. Lo si riconosceva dalle borchie delle ruote che erano differenti da quelle del modello 1972. Era in ottime condizioni e mi chiesi perchè una persona dovesse cambiare una vettura così.... In un reparto meno esposto, quasi un deposito, vi erano una decina di Fiat 125 Special ultima serie la cosiddetta “gommone”.
Erano tutte targate Torino e tutte di colore blue scuro. Probabilmente si trattava di vetture direzionali che erano state sostituite con le nuove Fiat 132. Tra queste ve ne era una alla quale lasciai il cuore in quanto era una full optional come mai l'avevo vista : Interno in velluto rosso con poggiatesta ai sedili, cambio automatico e aria condizionata e per finire cerchi in lega Cromodora... Uno spettacolo ! Trovammo anche la Fiat 500 F seconda serie, del 1970, turchese con interno rosso, della madre di un compagno di classe di mio fratello che ricordo voleva la 500 L, ma nel 1970 ci voleva troppo tempo per averla ed allora aveva ripiegato sulla F. In effetti mi era sembrato di vederla in giro con una 500 L bianca, probabilmente aveva preso una delle ultime prima che uscisse la R.
Mentre stavamo facendo queste osservazioni sulla 500 arriva un signore che si rivolge a Raffaele e gli dice : “Cosa fai da queste parti ?” Si trattava del signor Stanga, padre di un compagno di classe delle elementari di Raffaele, e che lavorava come venditore in Succursale. Rispondemmo che eravamo venuti a curiosare le auto usate. Ci rispose : “Ho io l'auto giusta per voi da vedere”. Fu così che ci portò di là nel reparto preparazione vetture e ci fece vedere la X 1/9 . Si trattava di un esemplare di colore Rosso Corsa con interno nero. Era semplicemente stupenda e moderna per l'epoca, con il tettino asportabile, il motore centrale stile Ferrari, i fari a scomparsa.
Era la prima volta che la vedevamo dal vivo e ne rimanemmo affascinati.
Nello stesso periodo nacque una delle mie prime iniziative commerciali legate al modo dell' auto, sebbene in miniatura. Un pomeriggio cominciai a porre ai miei amici e compagni di cortile la seguente domanda : “Hai per caso dei modellini rotti in casa ?, cosa ne fai ?, Se non ti servono e pensi di buttarli via consegnali a me che mi servono per i ricambi.. “ Cominciai così a raccogliere modellini d'auto rovinati o mancanti di pezzi e attrezzandomi di vernice e pennello trovai anche il modo di sistemarne alcuni, modellini che magari avevo già nella mia collezione e questi divennero le auto dei miei operai del mio plastico.
Il plastico allestito sopra il cassettone della nostra camera era la riproduzione di una azienda che si ispirava a quello che vedevamo dalla finestra ossia alla Delta – Besenzoni. Era costituito da una gru girevole, fatta con le costruzioni (gru che dovevo rifare sovente, in quanto quando giocavamo con una piccola palla in camera era solitamente colpita da questa con una fragoroso crollo), una palazzina direzionale con mulino a pale, sempre fatto con le Lego ed un carro ponte fatto con il famoso meccano che avevamo recuperato a Lazzate. L' Azienda era dotata di alcuni camion Lancia Esatau, di due camion Fiat per la consegna del carburante Shell e Total, di alcune ruspe e gru da sollevamento. Tutta l'area era delimitata da una cinta di legno ed al di fuori venivano parcheggiate le auto dei dipendenti. La prima dotazione fu di : Autobianchi a 112 elegant bianca con il tetto nero, della Mebetoys, Fiat 600 D bianca della Norev, Fiat 126 Rossa della Politoys. Con questa iniziativa mi creai una flotta di modellini doppi che mi servii per cominciare a girare i cortili con una mia piccola valigetta e vedere di fare qualche scambio, sia per acquisire, camion e attrezzature per l'azienda che per sostituire le auto dei dipendenti o alle volte aggiungere un pezzo interessante e raro alla mia collezione. Il record di queste operazioni venne raggiunto, quando scambiai 50 modellini per avere la 1750 Zagato Quattroruote della Politoys m.
Anche a Torre Pellice, trovammo l'effetto rinnovamento auto post 1972. Ne cito solo alcuni esempi: Il pastore Deodato coordinatore della Foresteria di Torre Pellice aveva sostituito la sua Simca 1000 LS argento dei primi anni 60 con la rinnovata GLS di colore blue elettrico. I signori Canepa, avevano sostituito il Fiat 1100 R grigio scuro con una Fiat 124 1200 Blue scura,
ed infine i signori Rampa avevano sostituito la 1100 D bianca con una Simca 1000 LS argento.
La pigna : Il giardino della Foresteria di Torre Pellice (TO) confina con un caseggiato, ora sede della Croce Rossa, che allora era adibito ad abitazioni. Una di queste famiglie aveva una ampia finestra, che presumo fosse quella della sala o cucina abitabile, che dava proprio sul giardino ove noi spesso giocavamo. Quasi ogni giorno, quell'estate si ripeteva la situazione per la quale il bambino che abitava in quella casa non voleva mangiare. Il padre, il classico personaggio che immaginavo come uscire dalle comiche di Charlot, sempre in canottiera con le bretellone, non si lasciava sfuggire l'occasione per obbligare il figlio a mangiare, allungando anche le insistenze con qualche sonoro ceffone. Dopo qualche giorno di queste ripetute scene che disturbavano la mia salute emotiva, decisi di prendere l' iniziativa:
Dopo il primo “mangia !”, seguito da ceffone, al secondo, tirai con tutta la mia forza una pigna dritta nella finestra. Scommetto che il padre era a capotavola perchè sentii un grosso “Aihia!“. Purtroppo la conseguenza fu che il padre disse : “ Ecco sono i tuoi amici !...” e partì un altro ceffone. Mi dispiace per questo, ma la scena e la precisione inaspettata del tiro, ancora oggi mi lascia un sorriso sul volto..
A settembre vi fu il lancio della Kadett C. Fu un grande evento. Per l'occasione nel piazzale della Saigarage vi era esposta tutta la gamma delle vetture compresa la Vauxhall Viva e le ultime Kadett B tutte in versione lusso o coupè rimaste ancora invendute.
Immortalati nelle foto anche la famiglia Righetti con il mio amico Cesare.
I Righetti erano stati i nostri primi vicini di casa in via Zanelli ed anche loro si erano trasferiti nel nostro quartiere. Anche il signor Righetti era un opelista ed aveva allora una Kadett standard 4 porte bianca con interno rosso del 1969.
Come capitava al lancio delle vetture Opel all'epoca, in vetrina vi era una sola Kadett C una 1.0 S lusso 2 porte verde brillante ad attrarre l'attenzione dei visitatori.
A sinistra il Dr. Enrico Calvi Procuratore di Filiale illustra la nuova Kadett C ad alcuni visitatori presenti
All'esterno era a disposizione una Kadett C 1.0 S lusso 2 porte rosso cardinal per le prove ed esposta sulla pedana girevole una 1.0 standard.
Il 1° ottobre 1973 entrai in seconda media.
Carlo Carugati
Continua...